Indice
Introduzione
Cosa significa fotografare un paesaggio? E che cos’è un paesaggio?
Partiamo da quest’ultima domanda. Un paesaggio è una parte di territorio il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalla loro interrelazione. Possiamo trovarci di fronte ad una vasta gamma di paesaggi, come ad esempio quelli marini, montani, urbani, desertici, glaciali e via discorrendo. Il paesaggio è l’ambiente naturale o artificiale in cui siamo immersi. Una foresta, un ghiacciaio alpino, una zona portuale, una costiera, un lago, un deserto, una metropoli; tutto questo è paesaggio.
Dinanzi a tale vastità di elementi, come possiamo scegliere cosa scattare e cosa no e cosa vogliamo trasmettere con il nostro scatto?
“La fotografia di paesaggio è la prova suprema del fotografo – e spesso la sua delusione suprema”.
Ansel Adams
Fotografare un paesaggio richiede pazienza, attesa, pianificazione, studio, capacità di adattamento e perseveranza. E quando, nonostante tutti i nostri sforzi, il risultato sperato non arriva, ecco che può trasformarsi in profonda delusione.
Aldilà di tutti questi fattori che abbiamo appena elencato, però, ce n’è uno senza il quale le vostre fotografie non susciteranno mai quel sentimento di stupore e meraviglia che ricercate: la connessione emotiva.

L’elemento più importante: la connessione emotiva

La connessione emotiva con ciò che si sta fotografando, personalmente, credo che sia l’elemento chiave per permetterci di esprimere ciò che realmente stiamo provando nel momento dello scatto.
Quando ho iniziato a scattare, i miei soggetti erano i più disparati: fotografavo paesaggi, scattavo ritratti, strutture architettoniche, animali. Questo è stato ed è sicuramente un buon esercizio per capire realmente quale genere fotografico ci attrae, qual è quello con il quale abbiamo maggior connessione emotiva.
Per me è stato il paesaggio ma per te che mi leggi può essere il ritratto, la street photography, la fotografia di architettura o quella di animali. I migliori fotografi al mondo sono tali perché eccellono in uno specifico stile, quello che amano e che hanno reso il loro marchio di fabbrica.
Ponete la vostra attenzione, o meglio il vostro obiettivo, su ciò che realmente amate e che sentite vostro. Perché se quella fotografia che state per scattare non vi suscita nulla, allora perché scattarla?
L’attrezzatura fotografica nella fotografia di paesaggio

L’abbigliamento
Se si vuole fare fotografia di paesaggio professionale, avere tutta l’attrezzatura necessaria risulta sicuramente di primaria importanza.
Prima di parlare di tutti gli accessori fotografici indispensabili, è bene ricordare che fare fotografia di paesaggio significa anche, se non soprattutto, camminare nella natura, fare sentieri di montagna, esplorare posti poco conosciuti.
Per fare tutto ciò è necessario avere un abbigliamento adatto, come una giacca per la pioggia o degli scarponi e dei bastoni da trekking. Se si dovrà affrontare un percorso innevato è bene avere dei doposci e dell’abbigliamento termico. Insomma, bisogna uscire di casa con un abbigliamento consono al luogo dove vogliamo arrivare.
Lo zaino fotografico

Lungo questi sentieri portare tutta la nostra attrezzatura non sarà di certo facile. Treppiede, macchina fotografica, due o tre obiettivi, filtri, batterie di scorta, dell’acqua e del cibo andranno organizzati al meglio se non vogliamo fare un’enorme fatica. Per questo ci viene in aiuto lo zaino fotografico.
Uno zaino fotografico che sia spazioso, resistente, ergonomico e magari anche impermeabile è uno dei nostri migliori alleati quando decidiamo di andare a scattare paesaggi. Soprattutto in alta montagna, dove le condizioni meteorologiche cambiano abbastanza rapidamente, avere tutta la nostra attrezzatura protetta da possibili intemperie nonché urti è di estrema importanza!
La macchina fotografica
Quando si fa fotografia di paesaggio è fondamentale che la nostra macchina fotografica ci permetta di scattare in Modalità Manuale (M) o, al massimo, in Modalità a Priorità di Apertura (A).
Questo è importante perché, a seconda della situazione che avremo di fronte, dovremo poter gestire al meglio e in piena autonomia il triangolo dell’esposizione. La modalità di scatto automatica è vivamente sconsigliata se si vuole fare della fotografia paesaggistica professionale!
Il treppiede
Nella fotografia di paesaggio, il treppiede è l’elemento che non può e non deve assolutamente mancare mai!
Il treppiede ci aiuta a mantenere ben salda e ferma la macchina fotografica in qualsiasi situazione ci troviamo. Per questo è sempre preferibile acquistare un treppiede che sia di qualità , ben costruito e che possa essere utilizzato anche nelle situazioni più estreme, come può essere un terreno roccioso, fangoso, innevato oppure dentro un torrente. Inoltre, senza un treppiede non potremmo realizzare fotografie in lunga esposizione!
Un treppiede solido, leggero e ottimo per la fotografia di paesaggio è il seguente:
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Gli obiettivi
Non esiste l’obiettivo per la fotografia di paesaggio. Generalmente, però, sono due le tipologie di obiettivi fotografici maggiormente utilizzati quando si fotografano paesaggi: i grandangoli ed i teleobiettivi.
Grandangoli
Dotati di una focale molto corta, i grandangoli sono gli obiettivi perfetti quando vogliamo catturare nel fotogramma molti degli elementi presenti nel paesaggio davanti a noi.
Ad esempio, sono gli obiettivi più adatti quando si vuole conferire profondità alla scena oppure quando abbiamo un primo piano molto ravvicinato ed uno sfondo relativamente lontano. I grandangoli servono, pertanto, ad allargare le distanze tra i diversi piani focali.
Teleobiettivi
A differenza dei grandangoli, i teleobiettivi sono dotati di focali relativamente lunghe.
Possiamo dire, generalmente, che dal 70mm in su possiamo già iniziare a considerarli teleobiettivi.
Sono gli ideali quando vogliamo comprimere i piani focali, accorciare le distanze tra i diversi elementi presenti nella scena oppure isolare un particolare soggetto da tutto il resto. Tutti i più grandi fotografi di paesaggio portano sempre con loro almeno un teleobiettivo.
I filtri fotografici
Nella fotografia di paesaggio sono principalmente due i filtri fotografici che vengono utilizzati: il filtro polarizzatore e i filtri a densità neutra (ND e GND).
Polarizzatore
E’ un filtro a dir poco indispensabile per ogni paesaggista che si rispetti. Il filtro polarizzatore, infatti, ci permette di eliminare i riflessi dalle superfici, contrastare e saturare maggiormente il cielo e le nuvole e le diverse tonalità presenti nel nostro scatto.
Ad esempio, qualora stessimo fotografando un lago nel quale sono presenti delle rocce appena sotto il livello dell’acqua, il polarizzatore toglierà il riflesso della luce dalla superficie d’acqua tirando fuori le rocce.
ND e GND
I filtri a densità neutra (ND) e a densità neutra graduata (GND) ci consentono di togliere diversi stop di luce al nostro scatto. Infatti, essendo dotati di una superficie più scura, riescono a ridurre la quantità di luce che andrà a colpire il sensore della nostra macchina fotografica permettendoci di allungare il tempo di esposizione.
Sono utilizzati per fotografare in lunga esposizione o, nel caso dei GND, anche per fotografare quelle situazioni ad alto contrasto tra zone di luce e zone di ombra. Infatti, a differenza dei filtri ND che hanno una superficie omogenea, i filtri GND hanno una parte più scura e una parte più chiara il che ci permette di sfruttarli per sottoesporre una determinata zona del nostro fotogramma (molto spesso il cielo) e lasciare inalterato il resto.
P. S. Il classico effetto fotografico dell’acqua setosa nei paesaggi è ottenuto tramite l’utilizzo di questo tipo di filtri.
La fase di scatto

Ora che tutto l’occorrente è nel nostro zaino fotografico, possiamo partire e dirigerci nel luogo dove vogliamo scattare la nostra fotografia di paesaggio.
Visione
Personalmente, tendo ad approcciarmi alla fotografia che sto per scattare cercando di immaginarla già nella mia testa. Avere una visione della fotografia che ci accingiamo a scattare, però, non è tutto.
Alla visione è connessa la propria creatività artistica la quale ci permette di preferire una focale piuttosto che un’altra, una composizione piuttosto che un’altra, un filtro piuttosto che un altro.
Avere già la visione di ciò che si vuole ottenere è, infine, connesso alla fotografia finale che abbiamo in mente e che vogliamo realizzare, ovvero al suo stadio finale dopo la post-produzione.
In quanto fotografo paesaggista di bianco e nero, nella mia pratica questa visione significa immaginarmi la scena che ho davanti in tonalità di grigi, capire la direzione della luce, quali zone colpisce e quali no e, così facendo, avere già una visione di quella che potrà essere la mia fotografia finale.
Luce
Fattore importantissimo nella fotografia di paesaggio, la luce è senza dubbio l’elemento a cui fare più attenzione quando si scatta questo genere fotografico.
In linea di massima, le ore migliori per fotografare sono l’alba, il tramonto, l’ora d’oro e l’ora blu. In queste particolari fasi della giornata, infatti, la luce assume delle tonalità molto interessanti che, se unite alla presenza delle nuvole, conferisce anche ad esse delle bellissime sfumature di colore.
Se vi state chiedendo se siate obbligati a fare l’alzataccia prima dell’alba oppure attendere per forza il tramonto la risposta è no. Ci sono altre condizioni meteorologiche che permettono di ottenere comunque degli scatti estremamente interessanti. Ad esempio, una delle condizioni che preferisco in assoluto è quando il cielo risulta molto nuvoloso e pieno di foschia. Reputo questa condizione di notevole interesse perché la luce che ne deriva è molto soffusa e morbida, anche nelle ore centrali del giorno, il che ci permette di estendere le ore utili nelle quali fotografare.
Tempo di scatto
Il tempo di esposizione è un parametro che varia a seconda di ciò che si vuole fotografare e di come si intende farlo.
Qualora fossi in alta montagna e volessi fotografare un’aquila, sicuramente utilizzerò un tempo di scatto molto rapido al fine di congelarne il movimento. Viceversa, se fossi su una scogliera e volessi ottenere una fotografia con l’acqua del mare estremamente setosa utilizzerò un filtro ND e un tempo di esposizione molto lungo.
Diaframma e Profondità di campo
Quando si fotografa un paesaggio è bene cercare di ottenere uno scatto in cui tutti gli elementi grafici presenti nella nostra composizione siano nitidi e ben a fuoco.
Per ottenere questo risultato si utilizzano diaframmi chiusi – da f8 in su – i quali ci permettono di avere un’estrema profondità di campo e una notevole nitidezza.
Una delle tecniche per ottenere una profondità di campo totale è l’utilizzo della distanza iperfocale.

ISO
A meno che non si stiano scattando delle fotografie alla via Lattea o si stiano fotografando le stelle o in condizioni di luce molto particolari, nella fotografia di paesaggio gli ISO vanno mantenuti al livello più basso possibile, che per la maggioranza delle fotocamere è 100.
Si cerca di mantenere il livello più basso possibile in quanto ricerchiamo la massima qualità possibile e il rumore digitale più basso possibile.
Treppiede
Come abbiamo detto all’inizio di questo articolo, il treppiede è indispensabile per scattare fotografie di paesaggio.
Mettiamo il caso di trovarci al tramonto, dove ormai la luce solare diminuisce ad ogni minuto che passa. Siccome vogliamo una profondità di campo totale e tutti gli elementi nitidi, chiuderemo il diaframma. Questo, però, comporta che, a parità di ISO – che abbiamo detto voler mantenere al livello più basso possibile – avremo un tempo di scatto decisamente più lungo con il quale, senza un treppiede, non riusciremo a scattare a mano libera, anche avendo un obiettivo stabilizzato. Il treppiede, pertanto, ci viene in aiuto e ci permetterà di ottenere uno scatto perfetto, nitido e senza micromosso.
Scatto remoto
Il telecomando per lo scatto remoto non è un accessorio indispensabile ma, quando lo si ha, ci può essere di grande aiuto. Infatti, grazie ad esso, potremmo scattare senza toccare la nostra macchina fotografica, evitando così qualsiasi possibile movimento che possa compromettere lo scatto finale.
I telecomandi possono essere collegati alla macchina sia attraverso un cavo sia tramite Bluetooth. A voi la scelta.
Filtri fotografici
I filtri fotografici, di cui abbiamo parlato in precedenza riguardo l’attrezzatura necessaria, sono imprescindibili nella fotografia di paesaggio.
Un polarizzatore ci aiuta a eliminare i riflessi indesiderati, come possono essere quelli presenti in uno specchio d’acqua, e a rendere il cielo, le nuvole e i colori più saturi e contrastati. Un filtro ND e/o GND ci aiuterà qualora volessimo ottenere una lunga esposizione, ad esempio una cascata con quell’effetto seta che si vede in molte fotografie.
La Composizione

La composizione fotografica riguarda tutte quelle scelte che adoperiamo nel posizionare gli elementi che ci troviamo davanti all’interno del fotogramma. Esistono diverse teorie compositive, alcune molto semplici ed altre meno ma ognuna ci permette di avere uno scatto finale con un certo gradevole equilibrio visivo.
Le principali tecniche di composizione fotografica
Sicuramente la composizione più conosciuta ed utilizzata è la regola dei terzi.
Questa semplice quanto efficace composizione si applica suddividendo il nostro fotogramma in 9 rettangoli attraverso due linee verticali e due linee orizzontali poste alla stessa distanza l’una dall’altra. Il nostro soggetto principale andrà così posizionato in una delle 4 intersezioni che si andranno a creare, conferendo un maggior interesse visivo al nostro scatto.
La regola dei terzi deriva, in parte, da un’altra tecnica di composizione, assai più antica: la sezione aurea. Fatta risalire al VI secolo d.C. e alla Scuola Pitagorica, la sezione aurea è stata a lungo sfruttata nella pittura rinascimentale e ancora oggi lo è nella fotografia. La composizione secondo la sezione aurea si applica seguendo la successione di Fibonacci la quale genera il rettangolo aureo.
Altre tecniche di composizione possono essere quelle che sfruttano linee e diagonali presenti nell’immagine. Questi elementi guidano lo sguardo dell’osservatore all’interno del fotogramma e per questo è importante che le cosiddette linee guida presenti all’interno della fotografia conducano lo sguardo verso un punto di interesse.
Sebbene generalmente non si usi porre il soggetto al centro del fotogramma, c’è una eccezione a questa regola. Quando si fotografa, ad esempio, una montagna riflessa in un lago, è bene mantenere la linea di demarcazione tra il nostro soggetto e il suo riflesso perfettamente simmetrica e al centro del fotogramma. In tutte quelle circostanze in cui ci sono dei riflessi e si vuole focalizzare l’attenzione su di essi, è bene sfruttare la piena simmetria tra il soggetto e il suo riflesso.
Se proprio si volesse sfruttare in modo creativo il posizionamento centrale di un soggetto all’interno del fotogramma è bene non posizionarlo perfettamente al centro ma lungo la linea verticale centrale, magari dando risalto anche al primo primo attraverso l’uso di un obiettivo grandangolare.
Composizione orizzontale
Quando guardiamo delle fotografie di paesaggio, notiamo che una buona parte sono scattate orizzontalmente. Non è infatti un caso che questo tipo di orientamento della nostra macchina venga chiamato “Landscape format“.
Le composizioni orizzontali, infatti, rendono al meglio quando nel fotogramma vi sono soggetti orizzontali o linee guida orizzontali. Ancor di più, la composizione orizzontale è molto efficace quando abbiamo la linea dell’orizzonte. Un altro caso nel quale è utile utilizzare una composizione di questo tipo è quando vogliamo dare la sensazione di vastità , ponendo il nostro soggetto all’interno di un ampio spazio negativo.
Composizione verticale
Contrariamente alla composizione orizzontale, porre l’orientamento della macchina fotografica in verticale è molto efficace quando abbiamo forti linee verticali o soggetti e punti di interesse verticali, come alberi, lampioni, palazzi o architetture.
Il “Portrait format“, come viene chiamata la composizione verticale, lavora molto bene anche quando ci sono forti diagonali, le quali vengono enfatizzate conferendo una maggior dinamicità e profondità alla fotografia finale.
L’equilibrio nei pesi visivi
Uno degli obiettivi di una buona composizione fotografica è creare un’armonia e un equilibrio visivo. Cosa si intende con questi termini?
Quando scattiamo una fotografia, dobbiamo fare attenzione a che rapporto c’è tra i vari elementi presenti nella composizione, a come i loro pesi visivi si relazionano tra loro.
Creare armonia ed equilibrio significa, pertanto, evitare che una zona del nostro fotogramma abbia molto più peso visivo di un’altra, annullando completamente quest’ultima. Il peso visivo di un elemento grafico, in fotografia, è dato dalla dimensione, dal colore, dalla texture, dalla luce che lo colpisce, dal contrasto e dalla forma.
Ad esempio, un oggetto piccolo ma molto luminoso nell’angolo in alto a destra del fotogramma bilancia visivamente il peso di un oggetto scuro e grande nell’angolo in basso a sinistra; un oggetto piccolo ma dalla texture forte e decisa può bilanciare visivamente un oggetto più grande ma dalla texture decisamente morbida; una piccola area dai colori molti vividi e brillanti bilancia un’area più ampia ma dai colori più tenui, e così via.
Il Controluce

Possiamo trovarci dinanzi ad un bellissimo paesaggio, aver scelto la composizione che più ci piace, scelto l’obiettivo che più rispecchia la nostra visione artistica ma… siamo in totale controluce. Come fare?
Quando si fotografa in controluce siamo in una condizione in cui il nostro sensore non è in grado di raccogliere tutti i dettagli nelle luci e nelle ombre.
Se ciò che ricerchiamo è un effetto silhoutte – dove il nostro soggetto è completamente in ombra e privo di dettagli – allora non abbiamo grandi problemi; ci basterà sottoesporre per avere i dettagli nelle luci e il nostro soggetto sarà totalmente sottoesposto. E se invece volessimo avere i dettagli in tutte le aree della scena?
A seconda del tipo di misurazione esposimetrica che impostiamo, un solo scatto potrebbe risultare con luci bruciate ed ombre correttamente esposte o viceversa, oppure la macchina potrebbe fare una media delle diverse esposizioni presenti nella scena dandoci comunque un risultato non soddisfacente. Potremmo allora utilizzare un filtro GND per andare a sottoesporre il cielo e mantenere il dettaglio nelle ombre ma… se non lo avessimo?
In questi casi, una delle tecniche fotografiche più efficaci è sicuramente l’esposizione multipla tramite il bracketing.
Il Bracketing e l’Esposizione multipla
Il bracketing è una funzione che permette alla nostra macchina fotografica di scattare un determinato numero di fotografie a diversa esposizione. Generalmente, si può impostare un bracketing di 3, 5, 7 e 9 fotografie. Facciamo l’esempio di voler scattare un bracketing di 3 fotografie. Come funziona?
Una volta impostata questa opzione e una volta che iniziamo a scattare, la nostra macchina fotografica scatterà per prima una foto ad una esposizione di -1 (il che significa di 1 stop sottoesposta), poi scatterà una fotografia con esposizione 0 (cioè correttamente esposta) e un’ultima con esposizione di +1 (uno stop sovraesposta). Questo ci permetterà di ottenere, in 3 scatti differenti, una gamma dinamica molto più ampia rispetto allo scatto singolo.
Infatti, lo scatto sottoesposto di 1 stop può servirci per avere un buon dettaglio nelle alte luci, mentre gli altri due – quello correttamente esposto e quello sovraesposto – possono esserci utili per recuperare completamente le zone di ombra.
Una volta tornati a casa, dovremo unire in Photoshop le diverse esposizioni ottenendo così un file unico con luci ed ombre perfettamente esposte.
Qualora tre scatti non fossero sufficienti, possiamo impostare il bracketing a 5 scatti, il quale ci permetterà di ottenere delle foto con questa sequenza di esposizione: -2, -1, 0, +1, +2.
Alcune macchine permettono di impostare anche differenziali di esposizione diversi da 1 stop; ad esempio si possono fare diversi scatti ad un differenziale di 0.3 stop, oppure di 0.7 o anche di 2.
Il Focus stacking
Quando si è parlato del diaframma, abbiamo sottolineato come è bene che nella fotografia di paesaggio tutti gli elementi presenti nella scena siano ben nitidi e a fuoco, insomma che ci sia un’estrema profondità di campo.
Ci sono alcune situazioni, però, che non ci permettono di ottenere questo risultato con un singolo scatto. Queste situazioni si manifestano quando abbiamo un primo piano molto ravvicinato al nostro obiettivo, magari un piano di mezzo e uno sfondo ancora più distante. Come comportarci in questi casi?
In situazioni come questa ci viene in aiuto il focus stacking, una tecnica fotografica che ci permette di avere ogni elemento della scena perfettamente nitido e a fuoco. Il focus stacking consiste nell’andare a scattare diverse fotografie con differenti punti di fuoco.
Qualora avessimo un primo piano molto ravvicinato, un piano di mezzo e uno sfondo molto lontano ci comporteremo in tal modo:
- Scatteremo una prima fotografia mettendo a fuoco il primo piano;
- Poi scatteremo una seconda fotografia mettendo a fuoco il piano di mezzo;
- Infine, scatteremo un’ultima fotografia mettendo a fuoco lo sfondo.
Una volta effettuati i nostri scatti avremo tre immagini differenti dove ognuna avrà a fuoco un preciso piano focale. Successivamente, per avere un’unica fotografia con tutti i piani a fuoco, dovremo andare a fondere le nostre immagini in Photoshop.

Mastering the Craft: impara a dominare la post-produzione
Aldilà di cosa ne pensino alcuni fotografi lì fuori, la post-produzione è sempre stata presente nella fotografia.
Basti fare l’esempio, ormai molto noto, di Ansel Adams. Se si guardano le sue fotografie di paesaggio, si noterà la presenza di numerose tonalità di grigio, dal bianco puro al nero puro (il famoso Sistema Zonale), e contrasti impressionanti, dove le nuvole sono bianchissime ed il cielo è quasi nero.
Le tecniche utilizzate sia in fase di scatto che in camera oscura ai tempi della fotografia analogica erano diverse, dall’utilizzo di filtri rossi, gialli e verdi in fase di scatto, al Dodge & Burn in camera oscura, all’utilizzo di sostanze chimiche per alterare luci ed ombre, bianchi e neri e così via.
Certo, oggi le potenzialità che software professionali come Lightroom e Photoshop ci mettono a disposizione sono di gran lunga più grandi ma ciò non toglie che la post-produzione, come abbiamo detto, sia sempre stata parte integrante e fondamentale del processo di produzione fotografica.
In questa sezione non parleremo di quali comandi utilizzare in Lightroom o Photoshop per post-produrre le vostre fotografie né quali plug-in siano i migliori ma dell’importanza di conoscere, controllare e dominare il processo di post-produzione.
Ognuno di noi, agli inizi del suo percorso fotografico – sia a pellicola sia in digitale – ha affrontato diverse difficoltà una volta tornato a casa con il suo rullino o i suoi file: come riuscire a tirar fuori ciò che si aveva in mente nel momento dello scatto? Come giungere a quella visione artistica che si era immaginata nel momento in cui abbiamo scattato quella fotografia?
Il consiglio che vogliamo darvi è di esplorare, sperimentare le potenzialità che software come Lightroom hanno. Tentate, sbagliate – anche grossolanamente – ma provate. Solo attraverso questo continuo processo di tentativi ed errori riuscirete ad apprendere il vostro processo di editing fotografico. Solamente in tal mondo – ed attraverso lo studio della fotografia – riuscirete ad unire Art (la vostra visione artistica) e Craft (la capacità di realizzare concretamente in un lavoro finito la vostra visione).
Conclusione

In questo lungo articolo abbiamo cercato di fornirvi delle solide basi da cui iniziare per poter scattare delle grandi fotografie di paesaggio. Abbiamo cercato di non lasciare fuori nulla di quelli che reputiamo essere gli aspetti fondamentali della fotografia paesaggistica ma, ovviamente, qualcosa ci sarà sicuramente sfuggito.
Se avete domande, suggerimenti o curiosità , scriveteci qui sotto nei commenti e vi risponderemo quanto prima.
Se invece volete acquisire completamente tutti gli strumenti, dalla pianificazione e lo scatto sul campo sino alle più avanzate tecniche di post-produzione, allora Landscape Mastery è il corso che fa per voi. Cliccando sul bottone qui sotto si potranno avere maggiori informazioni sul corso.

Ottimo articolo che mette in ordine tutte le informazioni lette nei precedenti.
Grazie come sempre ragazzi! Questo sito è di grandissimo supporto per noi appassionati! Non smettete mai per favore!
Grazie a te, Marco!
Fa sempre piacere notare che il blog e i contenuti che ci impegnamo a scrivere siano apprezzati. Continueremo su questa strada!
Che poi questo sistema zonale di Adams io mica l’ho mai capito… E su internet è spiegato da cani, è una tecnica che serve o posso ignorarla?
Ciao, Andrea!
Non è così fondamentale conoscere il Sistema zonale di Ansel Adams ma, in sintesi, è un sistema che permette di comprendere e lavorare le differenti gradazioni di luce presenti nella fotografia. Adams divideva in 11 zone queste gradazioni, dal nero puro al bianco puro. Successivamente lavorava la sua fotografia sfruttando le diverse zone per conferire dei meravigliosi contrasti alle sue fotografie. Se vuoi approfondirlo non posso che consigliarti di leggere lo stesso Adams, nel libro “The Negative” (credo si trovi anche in italiano).